Risponde Eris Gianella, responsabile progetti innovativi Cooperativa Sociale Camelot – Officine Cooperative.
- La cooperativa Camelot, nata nel 1999, opera in ambito educativo, interculturale e per la coesione sociale, per favorire l’inclusione e l’autonomia delle persone in difficoltà attraverso percorsi di rilancio sociale e inserimento lavorativo, ed è una delle realtà cooperative più innovative in Emilia Romagna. Qual è al momento la proposta di valore della Cooperativa Camelot, in un’epoca di cambiamento o transazione verso un paradigma più cooperativo e collaborativo, di quanti soci è composta e quali sono le sue principali progettualità al momento?
Camelot al momento è composta da circa 100 soci e altrettanti lavoratori, che negli ultimi anni hanno visto un costante aumento, in linea con la crescita e la diversificazione degli ambiti di intervento progettuale.
La proposta di valore di Camelot fa leva sull’importanza di fornire risposte qualificate alle necessità sociali emergenti, a fronte dell’aumento della complessità che caratterizza la società odierna e in un contesto generale in cui la mutevolezza dei fenomeni da affrontare richiede un costante lavoro di studio e ricerca, prerequisito indispensabile per incidere efficacemente sulle situazioni che ci troviamo ad affrontare. Per questo, per il perseguimento della nostra mission manteniamo uno sguardo costante all’utilizzo di soluzioni innovative, sia nell’ambito delle relazioni tra le persone e tra le organizzazioni, sia rispetto alle nuove tecnologie.
Tra gli ultimi progetti più innovativi su cui la cooperativa si sta concentrando c’è il portale Vesta – www.progettovesta.com – per sviluppare l’accoglienza in famiglia, oggi a Bologna e domani su altri territori nazionali.
- Come nasce il progetto Pilastro 2016, e in particolare il gruppo Mastro Pilastro, e come nasce l’idea di farlo evolvere in una associazione o cooperativa di comunità?
Pilastro 2016 è un progetto per la riqualificazione urbana e sociale del rione Pilastro, che nasce dal Comune di Bologna che ne ha definito l’idea progettuale e l’impianto complessivo. Camelot si è aggiudicata, alla fine del 2014, il bando per la gestione delle attività di mediazione sociale e la creazione di un’impresa sociale di comunità, nucleo centrale del progetto. Camelot ha messo a disposizione le proprie competenze ed esperienze, acquisite tramite progettualità pregresse che ci avevano già visto supportare lo sviluppo di forme organizzative “dal basso” dal carattere socio-imprenditoriale, sia con cittadini immigrati sia con comunità autoctone di aree più periferiche della provincia di Ferrara.
La Cooperativa Camelot al Pilastro ha adottato un approccio multidimensionale, tramite una serie di azioni contemporanee e tra loro complementari: tramite un lavoro di coinvolgimento comunitario (“Cantiere di Comunità”) rivolto ad abitanti e realtà organizzate, è stato mobilitato un numero sempre maggiore di persone nell’ottica di sviluppare prima di tutto iniziative di reciprocità e animazione territoriale; interventi di outreach, anche tramite un lavoro “porta a porta”, hanno consentito la raccolta di un migliaio di testimonianze di abitanti, la cui elaborazione ha dato avvio ad una serie di iniziative concrete. Nella primavera 2015, con l’aiuto dei cittadini coinvolti, si è curato il recupero e l’apertura di un locale Acer non utilizzato, oggi divenuto “Spazio di Vicinato”.
Per trasformare in opportunità di lavoro le esigenze di miglioramento sociale e urbano del Pilastro, Camelot, ha creato un database con oltre 350 curriculum – raccolti tramite un punto di accesso dedicato -, steso diversi bilanci di competenze di persone disoccupate o alla ricerca del primo impiego, e organizzato – grazie alla nascita di un’équipe multidisciplinare composta da pedagogisti, educatori e counselor (tra cui diversi abitanti del rione) – incontri di team building, formazione, mentoring, empowerment individuali e di gruppo, che successivamente sono serviti a far nascere l’associazione di comunità Mastro Pilastro.
L’idea di dare una forma associativa e cooperativa a Mastro Pilastro risponde alla sfida di sperimentare in ambito urbano una soluzione organizzativa – quella delle cooperative di comunità – adottata in Italia finora solo in contesti riconducibili alle cosiddette “aree interne”, territori a rischio spopolamento con caratteristiche particolari, certamente differenti rispetto al rione Pilastro, a partire da una minore complessità del tessuto sociale. L’idea di Mastro Pilastro vuole quindi rappresentare uno strumento di sviluppo locale dal carattere fortemente inclusivo, basato su un’impostazione innovativa che combina elementi metodologici e progettuali che avevamo già testato, integrandoli però in un modo nuovo.
Mastro Pilastro offre lavori manuali, come manutenzione del verde, traslochi e imbiancature, ma anche servizi agli anziani e alle persone fragili, come accompagnamento per esami e commissioni, pulizia della casa e consegna della spesa.
- Mastro Pilastro offre servizi di vicinato ai residenti ed è formato da un gruppo di abitanti delle case popolari dai 18 ai 30 anni, selezionati fra ragazzi della zona in cerca di lavoro. Pensa che Mastro Pilastro possa svolgere un ruolo importante di accompagnamento e abilitazione, favorendo quindi l’empowerment dei giovani che ne fanno parte?
Mastro Pilastro deve riuscire a fare esattamente questo. È una delle principali sfide che si stanno affrontando, anche con il coinvolgimento attivo delle persone più anziane e dei cittadini di origine non italiana. Tra gli obiettivi c’è quello di sostenere processi di empowerment anche promuovendo dinamiche di scambio e reciprocità di tipo intergenerazionale e interculturale. L’ambizione è quella di coinvolgere e includere nella nuova realtà il maggior numero possibile di abitanti pilastrini, tenendo insieme gli elementi della responsabilità/collaborazione civica, nuove opportunità lavorative e la valorizzazione, promozione e cura dei beni comuni.
- Come è stata accolta la nascita di Mastro Pilastro all’interno del quartiere? Quali sono le difficoltà che avete incontrato e quali errori o fallimenti avete commesso/registrato?
Inizialmente le reazioni erano caratterizzate da un misto di curiosità e diffidenza, com’è normale che sia. Progressivamente – con lo sviluppo del percorso di comunità – la fiducia delle persone e la loro disponibilità ha visto una progressiva crescita, che va comunque curata costantemente per non disperderne il potenziale.
Quando si opera in contesti complessi e variegati come il Pilastro, le difficoltà rappresentano un po’ la premessa. È normale imbattersi in problematiche quotidiane di vario ordine. Si possono ad esempio citare la mancanza di lavoro e le forti aspettative di molte persone rispetto a soluzioni occupazionali rapide e immediate, bisogni sociali di vario ordine, conflitti tra residenti e tra frequentatori, eccetera. La difficoltà del nostro ruolo – che tuttavia ne rappresenta contemporaneamente la forza – stava e sta nel gestire il processo di sviluppo comunitario-imprenditoriale “dall’interno”, attraverso la presenza fisica nei luoghi di vita delle persone. Non sempre è facile mantenere il carattere di “terzietà”, e il giusto equilibrio tra le azioni di coinvolgimento e di inclusione. Così come non è facile far comprendere che si tratta di un investimento che la comunità fa su se stessa, capovolgendo il paradigma assistenzialista.
- Pensa che Mastro Pilastro possa offrire la possibilità di rafforzare il senso di comunità al Pilastro, rafforzando i legami tra le persone all’interno del quartiere e fornendo occasioni di inclusione sociale? Ritiene che l’attività di Mastro Pilastro possa contribuire alla definizione di una nuova concezione del welfare, come un welfare di prossimità a livello di quartiere? In base a quali parametri misurerete la riuscita del progetto? Quali sono gli impatti che un progetto del genere dovrebbe generare?
Quella di rafforzare i legami interpersonali, l’inclusione sociale e il senso di comunità, è una delle finalità del progetto stesso.
La concezione di un welfare di prossimità a livello di quartiere, è contemporaneamente un mezzo e un fine: un mezzo per sostenere la coesione sociale nella zona grazie all’attivazione delle energie “degli abitanti per gli abitanti” e un fine poiché rappresenta una modalità di erogazione e fruizione di servizi volta a rispondere alle diverse esigenze dei residenti e dei luoghi.
La riuscita del progetto sarà misurata sulla base di diversi indicatori: tra questi vi sono il numero di abitanti che si assoceranno a Mastro Pilastro partecipando attivamente alla gestione dello stesso, il numero e la qualità dei servizi che saranno richiesti ed erogati, la capacità di mantenere una sostenibilità economica nel medio e lungo periodo. Si tratta di un processo e come tale va concepito. Per questo, c’è ancora molto lavoro da fare e per effettuare valutazioni ponderate occorre far riferimento a un orizzonte temporale a medio-lungo termine.
Gli impatti che un progetto del genere dovrebbe generare sono in gran parte quelli già descritti: incrementare l’inclusione sociale, la coesione e il senso di appartenenza alla comunità; favorire dinamiche di sviluppo socio-economico, stemperando le problematiche di marginalità sociale; migliorare la vivibilità e la fruibilità della zona; diffondere un approccio collaborativo e proattivo nel prendersi cura dei propri spazi di vita.
- Il progetto di costituire una cooperativa di comunità urbana al Pilastro a partire dal nucleo Mastro Pilastro è nata, grazie al lavoro di coordinamento della Cooperativa Camelot, all’interno del Cantiere di Sviluppo di Comunità. Quali sono le condizioni che hanno portato alla nascita di quest’idea, e in che modo sta prendendo forma?
Partendo dalle esperienze di cui eravamo già in possesso, abbiamo studiato il fenomeno della cooperazione di comunità, soprattutto rispetto alle esperienze virtuose di Cerreto Alpi e Succiso, sull’Appennino Tosco Emiliano, in provincia di Reggio – Emilia. Abbiamo poi cercato di valutarne elementi di forza e punti di debolezza, considerando tuttavia le grandi differenze tra il contesto socio-territoriale di tali realtà e quello del Pilastro.
Ci siamo poi confrontati con il Comune di Bologna per definire insieme quali caratteristiche potesse avere la futura impresa sociale di comunità, che la stessa Amministrazione aveva concepito come orizzonte ideale del progetto. Si è così deciso di accettare la sfida della cooperativa di comunità urbana, identificando comunque diversi accorgimenti organizzativi e progettuali, necessari per adattare la realtà che si sta costruendo alle caratteristiche del Pilastro, differenziandola quindi da quelle già esistenti in contesti non urbani.
Contemporaneamente abbiamo avviato il lavoro di monitoraggio urbano, rilevazione delle esigenze e coinvolgimento territoriale, promuovendo sia iniziative di mediazione, scambio e condivisione comunitaria sia la raccolta di candidature, tra gli abitanti, a mettersi in gioco per far parte del gruppo di lavoro che in poco più di un anno ha fatto nascere Mastro Pilastro. Il percorso fino ad oggi è stato finalizzato a costruire e consolidare il gruppo di lavoro, sviluppandone le motivazioni e le competenze anche tramite diverse iniziative di formazione e sperimentazione sul campo. Per i primi servizi sul territorio, Mastro Pilastro si è inevitabilmente avvalso della struttura amministrativa e giuridica di Camelot. Ora invece l’organizzazione si è formalmente costituita come associazione (“associazione di promozione sociale per lo sviluppo di attività e servizi di comunità”). Quello associativo è lo strumento che, in questa fase ancora embrionale, risulta più adatto a una gestione efficace delle attività. L’idea è di giungere progressivamente al consolidamento dell’associazione di comunità Mastro Pilastro, supportandone poi, quando le condizioni saranno mature, la trasformazione in cooperativa di comunità (la cui gestione è decisamente più complessa, ma che meglio si adatta a un’organizzazione dal carattere comunitario-imprenditoriale).
- Il laboratorio di CO-progettazione nel cantiere Pilastro è uno dei tre cantieri di sperimentazione del progetto “CO-Bologna”, che mira a generare nuovi strumenti di politica pubblica locale valorizzando l’immaginazione civica, per costruire una città collaborativa basata sulla condivisione dei beni comuni. Il Laboratorio intendeva fornire supporto al percorso di Mastro Pilastro nell’ambito di Pilastro 2016 per la definizione di strumenti di governancecollaborativa interna alla cooperativa e a livello di quartiere. Questo Laboratorio è stato utile? Come lo integrerebbe o ripenserebbe? Sareste disponibili a trasferire la vostra esperienza ad altre realtà che nella città stanno lavorando sulla stessa frontiera?
Il laboratorio ha visto confermata un’impostazione di lavoro molto affine a quella che adottiamo. Ci ha permesso di focalizzare ancor meglio sia gli elementi contenutistici delle attività co-progettate fino ad ora, sia di far emergere con maggior chiarezza i molti passi che Mastro Pilastro dovrà ancora compiere.
Gli eventuali suggerimenti che posso fornire dipendono molto dal target a cui intendiamo rivolgerci. Quando il percorso di co-progettazione è rivolto a un gruppo di persone già in possesso di un background di esperienze e competenze, trovo che la modalità adottata da LabGov sia molto adeguata, seppur con dei limiti di tempo della durata di ogni incontro, che hanno reso difficile un ulteriore approfondimento delle tematiche, che sono e restano molto complesse.
Quando il lavoro di co-progettazione si rivolge invece a un target differente (ad esempio, persone con problematiche sociali o con minori competenze – siano esse linguistiche, relazionali, professionali, etc), credo diventi necessario adottare anche ulteriori strumenti di coinvolgimento e di ideazione condivisa, mettendo in campo tutti i dispositivi utili a stimolare e innescare la partecipazione, tra cui interventi di outreach, lavoro di prossimità, ricorsività e continuità degli interventi, mediazione dei conflitti, mediazione interculturale, etc. Trovo in generale particolarmente importante, quando è possibile, adottare un’impostazione multidisciplinare e flessibile, capace di adattare e modificare gli interventi ai diversi elementi di contesto e ai vari target a cui ci si rivolge, sempre mantenendo uno sguardo fermo verso la finalità generale, a cui ogni step progettuale va ispirato.
Riguardo alla possibilità di trasferire le nostre esperienze ad altre realtà cittadine che operano sulla stessa frontiera, siamo certamente disponibili. È questo un ambito a cui siamo molto interessati, su cui ci siamo formati (e lo stiamo facendo ancora) e che troviamo particolarmente motivante e innovativo percorrere per far fronte alle sfide che oggi la società ci pone.
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